L’arte relazionale o partecipativa consiste in un rovesciamento dei ruoli: l’autore, lo spettatore e l’opera vengono indagati e messi in discussione. L’opera si fa relazione. Legame, collaborazione tra autore e spettatore attraverso l’opera stessa.
Lo spettatore non esiste più così come l’autore.
L’arte partecipativa è quell’arte che non vuole il singolo, l’unicità, il più capace o il più brillante. Perché la luce, il riflettore, il fulcro è la relazione e quindi l’esserci.
È il tempo condiviso su un nodo, sulla scelta dei colori, dei tessuti, sulle pause.
Parliamo di arte relazionale perché ci sembra qualcosa di nuovo,
qualcosa che ci dia la possibilità di entrare in azione, di fare qualcosa e non di dover stare sempre lì a guardare.
Marta
Tutto ha inizio a Polignano a Mare, davanti ad un caffè in un bar nei pressi della fondazione Pino Pascali. Avevamo visto la mostra di Ibrahim Mahama e stavamo aspettando il pullman per rientrare a Foggia. Non so per quale motivo, la discussione giunse all’arte relazionale e Marta ci chiese se realmente io o Rossella saremmo state disposte a vivere quell’esperienza.
È così che nasce “migramah”, su un pullman tra Polignano a Mare e Foggia.
Dopo due anni di sperimentazioni parte una collaborazione.
Marta va a prendere un caffè con sua sorella Sara ed un collega, Alessandro.
È così che formiamo il nostro gruppo informale e chiediamo supporto al Solidarity Corp.
Il collettivo
Il collettivo nasce dalla collaborazione di tre artiste.
Attraverso workshop e progetti multidisciplinari, indaga la componente delle relazioni umane ponendo l’accento sul processo creativo e condiviso rispetto al prodotto finale e finito.
Mira ad un risultato che arricchisca il bagaglio culturale sia del gruppo di artiste che dei partecipanti, operando in un territorio multietnico nel tentativo di valorizzarne le sue sfumature e peculiarità. RAPSOVIVE.
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